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| Sacubitril/valsartan nel paziente con insufficienza mitralica funzionale: i dati dello studio PRIME |
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Fonte: Kang DH et al. Circulation. Epub ahead of print, Dec 2018. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.118.037077. Lo studio PRIME ha valutato l’impiego dell’associazione sacubitril/valsartan nei pazienti con insufficienza mitralica (IM) funzionale, nell’ipotesi che il doppio blocco del sistema renina-angiotensina e della neprilisina possa dare risultati migliori rispetto all’impiego del solo sartano. Lo studio PRIME è stato condotto in doppio cieco in 118 pazienti con scompenso cardiaco e IM funzionale secondaria alla disfunzione del ventricolo sinistro, che sono stati randomizzati a ricevere sacubitril/valsartan o il solo valsartan, in aggiunta al trattamento standard per la patologia di base. L’endpoint primario dello studio era rappresentato dalla variazione dell’area valvolare interessata dal rigurgito a 12 mesi dalla valutazione basale. Gli endpoint secondari includevano le variazioni del volume di rigurgito valvolare, del volume telesistolico e telediastolico del ventricolo sinistro e dell’area di incompleta chiusura dei lembi valvolari. I risultati a 12 mesi hanno mostrato una riduzione dell’area valvolare di rigurgito significativamente maggiore nel gruppo trattato con l’associazione sacubitril/valsartan (-0.058±0.095 vs -0.018±0.105 cm2; p=0.032). Inoltre, in questo sottogruppo è stata osservata anche una riduzione del volume del rigurgito valvolare, significativamente maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti trattati con il solo valsartan (differenza media -7.3 ml, 95% CI -12.6 - 1.9; p=0.009). Non sono state riscontrate differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda la variazione dell’area di incompleta chiusura di lembi valvolari, i volumi del ventricolo sinistro e la variazione dei valori pressori. Reazioni avverse di rilievo sono state osservate solo in 7 pazienti in trattamento con sacubitril/valsartan (12%) e 9 trattati con valsartan (16%) (p=0.54). Pertanto, nei pazienti con IM funzionale, sacubitril/valsartan sembra ridurre l’insufficienza valvolare in misura maggiore rispetto al solo valsartan. L’associazione di un sartano e un inibitore della neprilisina potrebbe quindi essere presa in considerazione nel contesto della terapia medica ottimale di questi pazienti, per i quali le opzioni di trattamento sono attualmente molto limitate. leggi anche |
- La supplementazione di chetoni nell’HFpEF migliora l’emodinamica ma non la capacità di esercizio
Fonte: Selvaraj S et al. JACC Heart Fail. 2025. doi: 10.1016/j.jchf.2025.03.002. Nel trial randomizzato crossover KETO-HFpEF è stato valutato se la supplementazione acuta con chetoesteri (ketone esters, KE) potesse migliorare la tolleranza all’esercizio in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (heart failure with preserved ejection fraction, HFpEF). Sono stati arruolati 20 partecipanti sintomatici, sottoposti in sequenza a KE e placebo, con due endpoint coprimari: consumo di ossigeno al picco (peak oxygen consumption, VO₂) durante test cardiopolmonare incrementale e tempo all’esaurimento durante un esercizio a intensità costante pari al 75% del carico massimo. L’età media era 71 anni, il 60% erano donne e il 65% di etnia bianca. La somministrazione acuta di KE...leggi la news - Relative flow reserve con PET di perfusione: distinguere coronaropatia ostruttiva da non-ostruttiva
Fonte: Lopez DM et al. Circ Cardiovasc Imaging. 2025. doi: 10.1161/CIRCIMAGING.125.018323. In questa analisi post hoc di un trial multicentrico di fase III sull’imaging con 18F-flurpiridaz è stato valutato il contributo diagnostico della relative flow reserve (RFR) ottenuta con tomografia a emissione di positroni per distinguere malattia coronarica ostruttiva da forme non ostruttive. Sono stati inclusi 231 pazienti con quantificazione assoluta del flusso sanguigno miocardico (myocardial blood flow, MBF); il 71% era di sesso maschile e il 56% aveva una malattia coronarica (coronary artery disease, CAD) nota. La stenosi ostruttiva è stata definita come ≥70% alla coronarografia. Il flusso da stress (stress myocardial blood flow, sMBF) ridotto era definito come <2,2 mL/min/g. In un’analisi per...leggi la news - BMI e prognosi a 10 anni dopo angioplastica coronarica: l’enigma dell’obesity paradox
Fonte: Scalamogna M et al. Eur J Prev Cardiol. 2025. doi:10.1093/eurjpc/zwaf753. Il ruolo dell’indice di massa corporea (body mass index, BMI) nella prognosi a lungo termine dopo angioplastica coronarica percutanea (percutaneous coronary intervention, PCI) con impianto di stent a rilascio di farmaco (drug-eluting stent, DES) è rimasto a lungo oggetto di dibattito. Un’analisi combinata di cinque trial randomizzati con follow-up decennale ha valutato l’associazione tra BMI e mortalità nei pazienti sottoposti a PCI. In totale sono stati inclusi 9.486 pazienti, suddivisi in quattro categorie: sottopeso (n=92), normopeso (n=2.785), sovrappeso (n=4.296) e obesi (n=2.313). Dopo 10 anni, il rischio di morte per qualsiasi causa è risultato significativamente più elevato nei pazienti sottopeso rispetto ai normopeso (hazard...leggi la news - Associazione tra il livello massimo di troponina e la prognosi nei pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva cardiovascolare
Fonte: Loutati R,et al. Int J Cardiol. 2024 Dec 15;417:132556. doi: 10.1016/j.ijcard.2024.132556. Epub 2024 Sep 11. PMID: 39270942. La troponina cardiaca ad alta sensibilità (hs-cTn) è un biomarcatore chiave per il danno miocardico, ma il suo valore prognostico nelle unità di terapia intensiva cardiovascolare (ICCU) rimane poco chiaro. Pertanto l'obiettivo di questo studio era valutare l'associazione tra i livelli massimi di hs-cTn e la prognosi nei pazienti ricoverati in ICCU. Tutti i pazienti ricoverati in un centro di terapia intensiva cardiovascolare terziario tra luglio 2019 e luglio 2023 sono stati arruolati in modo prospettico. I pazienti sono stati divisi in cinque gruppi in base ai livelli massimi di hs-cTnI: A) hs-cTnI <100 ng/L; B) hs-cTnI...leggi la news
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